A rivelare la notizia è stato il canale 2 israeliano. Pochi giorni fa il premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva ammesso per la prima volta che lo stato ebraico opera “di tanto in tanto” in Siria
Un aereo da guerra israeliano. (Foto : Google Commons)
Roma, 4 dicembre 2015, Nena News – Ancora una volta i caccia israeliani sono tornati in azione in Siria. Citando report stranieri, il canale 2 israeliano ha detto che i jet di Tel Aviv hanno compiuto alcuni raid ieri in tarda notte vicino a Damasco. Target dei bombardamenti, afferma la rete televisiva, sarebbe stato un convoglio di 4 camion che trasportavano missili e che erano appena usciti da una base militare. L’aviazione israeliana avrebbe colpito anche una fornitura di gas causando una grossa esplosione. Non è ancora chiaro quali e quanti siano stati i danni provocati dal presunto bombardamento di ieri. I media israeliani, tuttavia, escludono che vi siano state delle vittime. Damasco non ha finora commentato la notizia.
Gli eventuali raid di stanotte giungono a pochi giorni dall’ammissione di Netanyahu secondo cui, “di tanto in tanto”, l’aviazione israeliana opera in Siria per prevenire il trasferimento di armi in Libano. Ammettendo per la prima volta che lo stato ebraico sta intervendo militarmente nel Paese arabo, il leader della destra israeliana ha spiegato come i bombardamenti aerei siano finalizzati ad impedire che si apra un fronte contro Israele, quello che «l’Iran sta cercando di costruire sul Golan». L’obiettivo, ha sottolineato, è «contrastare il trasferimento di particolari armi dannose dalla Siria al Libano. Continueremo a farlo».
Intervenendo alla Conferenza della Galilea ad Acco (Acca in arabo), Netanyahu aveva poi riferito che i militari israeliani e quelli russi si sono incontrati «per intensificare il coordinamento in modo da prevenire incidenti. Vogliamo aumentare la cooperazione per evitare collisioni sui cieli siriani». Un coordinamento con Mosca ribadito anche da Moshe Ya’alon lunedì scorso. Il ministro della Difesa israeliano aveva poi affermato che lo stato ebraico agisce «in base ai suoi bisogni» e che, perciò, opera «contro tutti coloro che infrangono la nostra libertà».«Chiunque – ha chiosato Ya’alon – proverà a trasferire armi avanzate ad una organizzazione terroristica, in particolar modo ad Hezbollah, non ci riuscirà». Che da tradotto dal politichese vuol dire: sarà colpito.
Israele è impegnato in modo ampio e da lungo tempo in Siria, anche se focalizza il suo intervento militare sulle regioni meridionali del Paese arabo. Dall’inizio della guerra civile, lo Stato ebraico ha accolto e curato tra i 1.000 e i 1.800 siriani rimasti feriti nei combattimenti a ridosso delle Alture del Golan tra forze governative e formazioni islamiste. Per il governo israeliano si trattarebbe di un “aiuto umanitario” che spesso ha riguardato bambini rimasti coinvolti in scontri a fuoco e bombardamenti. Tuttavia, negli ospedali di Safed e Nahariya, sono stati ricoverati anche numerosi miliziani anti Bashar Assad. Non tutti “ribelli moderati” come dimostrò alcuni mesi fa l’assalto di alcuni drusi d’Israele ad una autoambulanza che trasportava due “ribelli” feriti.
Israele intrattiene contatti regolari con gruppi armati che combattono contro Damasco. Un rapporto delle Nazioni Unite riferì un anno fa che le Forze di Disimpegno degli Osservatori delle Nazioni Unite (Undof), schierate lungo le linee di armistizio del Golan, avevano registrato relazioni frequenti tra ufficiali israeliani e miliziani siriani che combattono contro Damasco. Nena News
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