Arrestato ieri Hossam Bahgat, giornalista investigativo collaboratore del portale indipendente Mada Masr e attivista per i diritti umani. Aveva riportato del processo militare segreto contro 26 ufficiali accusati di aver organizzato un golpe contro al-Sisi
Hossam Bahgat (Foto: Human Rights Watch)
Roma, 9 novembre 2015, Nena News - “Pubblicazione di notizie false che danneggiano gli interessi nazionali e diffusione di informazioni che disturbano la quiete pubblica”. Queste, stando a quanto riferisce al-Jazeera, le accuse a carico di Hossam Bahgat, giornalista investigativo e attivista per i diritti umani egiziano, arrestato ieri dopo aver ricevuto un ordine di comparizione giovedì scorso presso l’agenzia di intelligence militare della capitale. Bahgat, noto reporter dell’opposizione al regime fin dal 2002 e collaboratore del portale indipendente Mada Masr, è stato poi interrogato dal tribunale militare su un articolo pubblicato a ottobre su quello che il giornalista ha definito un “processo militare segreto” a 26 ufficiali dell’esercito egiziano che tramavano un colpo di stato ai danni del presidente al-Sisi, lui stesso golpista.
Nel reportage, dal titolo “Un golpe colto in flagrante”, Bahgat snocciola i nomi di alcuni dei più noti rappresentanti delle forze armate del paese coinvolti nella pianificazione di un colpo di stato e condannati dal tribunale militare: tra loro spicca il nome del Maggiore Momen Mohamed Saeed Abdel Aty, fratello del generale Ragai Saeed, uno dei più importanti e anziani militari del paese. Secondo i dati raccolti dal giornalista, avrebbero dovuto partecipare al golpe anche alcuni noti rappresentanti dei servizi di intelligence militare.
Notizie che fanno tremare la stabilità del governo al-Sisi, che dal colpo di stato contro l’islamista eletto Mohamed Morsi nel luglio 2013 dirige il paese con il pugno di ferro nei confronti dell’opposizione, sempre attento a nascondere ogni limitazione delle libertà fondamentali del paese spacciandole per “attentati alla sicurezza nazionale”. In quest’ottica si possono leggere le numerose norme contro la stampa approvate negli ultimi due anni, parte di quel pacchetto “anti-terrorismo” creato nell’autunno del 2013: dal vademecum diffuso dal ministero degli Esteri che intima ai reporter stranieri di non usare più parole come “Stato Islamico”, “Islamisti” o “Fondamentalisti” alle pene previste per quei giornalisti che diffondono “numeri falsi” sulle “vittime ufficiali degli attacchi terroristici”.
Una nuova stoccata alla stampa, quindi, vessata a partire dal golpe contro Morsi con l’arresto dei giornalisti di al-Jazeera Baher Mohamad, Mohamad Fahmy e Peter Greste, accusati di aver diffuso “false notizie” coprendo le stragi di sostenitori di Morsi da parte delle forze armate egiziane nel mese di agosto del 2013: processati e condannati a pene dai 7 ai 10 anni di carcere, alla fine sono stati graziati da al-Sisi dopo l’ondata di sdegno e pressioni internazionali sulla vicenda. Altri, però, non sono stati altrettanto fortunati: 18 reporter egiziani rimangono tuttora in carcere, secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti.
E si è fatta sentire subito Amnesty International, che in una dichiarazione pubblicata ieri notte ha denunciato l’arresto di Bahgat – insignito dopo la rivoluzione egiziana del 2011 del premio del Centro per i Diritti Umani “Alison Des Forges” – come l’ennesimo “feroce attacco contro il giornalismo indipendente e contro la società civile”. Philip Luther, direttore del programma di Amnesty per il Medio Oriente e il Nord Africa, ha definito la vicenda “un altro chiodo nella bara della libertà di espressione in Egitto”, aggiungendo che “l’esercito egiziano non può continuare a considerarsi immune dalle critiche e al di sopra della legge”. Nena News
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